Negli incontri formativi del progetto EVER GREEN, proposto dall’associazione Onlus Con Paola, rivolti a giovani e adolescenti di età compresa tra i 18 e i 28 anni, ho deciso di utilizzare come modello di riferimento, la tecnica del Colloquio motivazionale. Cercherò in modo semplice di sintetizzare le linee guida di tale modalità molto diffusa di counseling facendo riferimento agli autori più importanti sull’argomento. Esso è basato sulle risorse attuali dell’utente e adotta tecniche incisive per canalizzare l’attenzione e le energie sull’ aspirazione di una vita migliore, utilizzando in modo attivo il conflitto interiore al fine di produrre un cambiamento. Per tali motivi il colloquio motivazionale si è dimostrato utile nei casi in cui ci siano difficoltà a riconoscere la gravità di un problema e nelle situazioni in cui è fondamentale instaurare una relazione di collaborazione con utenti scarsamente motivati al trattamento e difficilmente raggiungibili con le tecniche tradizionali. Prochaska e Di Clemente, sono noti soprattutto per il modello degli stadi del cambiamento che, è divenuto uno degli elementi essenziali dell’approccio motivazionale. Tale modello ipotizza che il percorso dentro e fuori dalla dipendenza ( droga, alcool, fumo etc) si sviluppi lungo un continuum caratterizzato da una serie di stadi successivi.
1. Nello stadio di Precontemplazione la persona non contempla l’idea di smettere; non sospetta neppure di avere un problema che richiede un cambiamento. Perciò generalmente i soggetti in questo stadio non si presentano spontaneamente al trattamento, ma più spesso vengono inviati da congiunti, amici, autorità, o vengono in contatto con i servizi per motivi casuali o contingenti.
2. Nello stadio di Contemplazione il cliente è caratterizzato dalla ambivalenza. Considera il cambiamento e in pari tempo lo rigetta. In questo stadio spesso accade che il soggetto richieda una consultazione e provi ad attuare un cambiamento; il ruolo dell’operatore, in questo stadio, può essere decisivo.
3. Attraverso uno stadio che va sotto il nome di Determinazione , il soggetto apre, per un periodo di tempo, una finestra di opportunità in cui viene attivamente ricercata una soluzione al problema. Lo stadio di determinazione è di breve durata: se questa opportunità viene colta, si passa all’azione e il soggetto sperimenta praticamente un cambiamento; altrimenti la disponibilità sfuma e il soggetto scivola indietro nello stadio di contemplazione.
4. Nello stadio della Azione, il soggetto si impegna in azioni concrete volte al conseguimento di un cambiamento.
5. Lo stadio del Mantenimento è caratterizzato dal consolidamento del livello di cambiamento raggiunto, prevenendo le ricadute..
6. Il percorso descritto in precedenza non è lineare bensì ciclico in quanto in qualsiasi punto può verificarsi una Ricaduta che riporta il paziente agli stadi precedenti.
Consigliare una terapia ad un soggetto dipendente occorre quindi verificare la sua posizione rispetto agli stadi del cambiamento. Nell’ottica motivazionale la comparsa di una resistenza al cambiamento, o il suo inasprimento, deve spingere l’operatore a cambiare strategia. Guelfi suggerisce che per un operatore che intende lavorare sulla motivazione, risulta fondamentale affinare la capacità di individuare lo stadio del cambiamento in cui si trova il paziente per poter formulare di conseguenza gli obiettivi del momento. In ciascun stadio esistono infatti obiettivi specifici che possono essere perseguiti ed altri, impossibili da raggiungere. Nello stadio di Precontemplazione gli unici obiettivi che è possibile raggiungere sono mantenere il contatto con il paziente e aumentare la consapevolezza e i dubbi circa il comportamento in questione. In questa fase, in cui non è possibile nemmeno “pensare” (contemplare) un cambiamento, è sicuramente improprio proporlo. Deve invece essere posta la massima attenzione alla qualità della relazione con il paziente avendo molta cura nell’evitare contrapposizioni e scontri con le resistenze e la negazione; il fine è di arrivare ad una accurata comprensione dei motivi e dei significati della dipendenza. In Contemplazione, essendo giunti alla coscienza del soggetto le conseguenze negative del comportamento di dipendenza, è possibile favorire, come obiettivo raggiungibile (oltre ai precedenti), una libera esplorazione dei pro e dei contro. In questa fase l’ambivalenza gioca un ruolo fondamentale e deve essere accettata come normale dal cliente e dall’operatore. Possono essere utili in questo frangente anche tecniche specifiche come la bilancia decisionale (Janis e Mann, 1977) per facilitare l’esplorazione dell’ambivalenza.. In Determinazione i compiti principali (in aggiunta sempre ai precedenti) devono essere legati al fornire opportunità praticabili ed aiutare a determinare le scelte. Solo in questo stadio il paziente è pronto a sperimentare concreti cambiamenti delle sue abitudini che abbiano qualche probabilità di essere più stabili e duraturi. Le eventuali scelte sono accompagnate comunque da una certa quota di ambivalenza, la cui importanza non deve assolutamente essere sottovalutata. Nella scelta delle strategie di azione è fondamentale il sostegno alla fiducia nelle proprie capacità. Questa fase è molto spesso caratterizzata da una acuta percezione delle contraddizioni che può essere sfruttata per determinare un cambiamento. Nello stadio di Azione occorre soprattutto sostenere i cambiamenti avvenuti, analizzandone le conseguenze nel concreto e pianificando le modificazioni ambientali e relazionali che li sostengono. E’ la fase che viene più spesso identificata con il trattamento nel suo complesso e quella per cui le terapie “tradizionali” (farmacologiche e relazionali) hanno maggiore effetto. In Mantenimento l’obiettivo principale consiste nel prevenire le ricadute attuando tutte quelle misure di sostegno a lungo termine che favoriscono il consolidamento del cambiamento. Durante una Ricaduta è fondamentale favorire il rientro del cliente in terapia. I compiti possono in questo caso essere simili a quanto esposto per i primi stadi del cambiamento (Precontemplazione e Contemplazione). Particolare attenzione deve essere posta nel “normalizzare” la percezione della ricaduta, lasciando aperta la possibilità di esplorare nuovamente i bisogni ed i significati che quanto accaduto ha nuovamente reso attuali. Nel corso di formazione effettuato nei primi tre mesi del progetto si è cercato di dare risalto alle tecniche basate sui cinque principi fondamentali del colloquio motivazionale. I primi tre (esprimere empatia, evitare le contrapposizioni, aggirare ed utilizzare le resistenze) possono essere considerati gli “strumenti” relazionali atti a definire il contesto nel quale si inseriscono i due successivi (ampliare le fratture interiori e sostenere l’autoefficacia); questi ultimi possono essere ritenuti i reali obiettivi che permettono di raggiungere la principale finalità del colloquio motivazionale: aumentare la disponibilità al cambiamento.
Esprimere empatia. Creare una atmosfera di sostegno, centrata sul cliente e nella quale egli si sente a suo agio, permette di esplorare i conflitti e le difficoltà di realtà. Una accurata comprensione può essere ottenuta principalmente attraverso l’utilizzo dell’ascolto riflessivo (attivo), all’interno del quale possono essere veicolate le altre strategie fondamentali. Sviluppare un elevata abilità di ascolto riflessivo ed empatico è uno dei prerequisiti fondamentali del colloquio motivazionale. Secondo l’approccio motivazionale è proprio l’atmosfera di accettazione e comprensione che facilita il cambiamento, mentre le pressioni esterne a cambiare lo bloccano. Uno stile empatico è quanto di meglio può essere pensato per raggiungere gli obiettivi terapeutici propri dello stadio di Precontemplazione e Contemplazione.
Evitare dispute e discussioni. Alcune ricerche suggeriscono l’idea che la chiave dell’efficacia del colloquio motivazionale sia tenere il più basso possibile il livello della resistenza del paziente. (Miller, Benefield e Tonigan, 1993). Più un paziente sperimenta nel colloquio atteggiamenti di resistenza, meno cambierà. Le tecniche apertamente confrontazionali come discussioni, diverbi, sfide, il sottolineare informazioni negative, il sarcasmo e l’incredulità sono i comportamenti del terapeuta che attivano e sostengono maggiormente la resistenza del paziente..
Aggirare ed utilizzare le resistenze. Opporsi ad una resistenza generalmente la rinforza. Lo scopo del colloquio motivazionale è quello di favorire una situazione in cui sia possibile stimolare nel paziente nuove connessioni e percezioni di sé, senza imporle o discutere su di esse.
Ampliare le fratture interiori. Una frattura interiore si presenta quando viene avvertita una contraddizione fra come ci si percepisce e come si vorrebbe essere (Festinger, 1957). Per questo motivo due importanti aspetti da esplorare in un colloquio motivazionale sono, da una parte, i più importanti obiettivi o valori del paziente (il “come vorrei essere”) e dall’altra la condizione presente, in riferimento al comportamento che si desidera modificare (il “come sono”). Questa situazione di bilanciamento è tipica dello stadio di Contemplazione, in cui si sperimentano costantemente i conflitti di ambivalenza. Un ampliamento delle fratture interiori mediante una attenta esplorazione dei pro e dei contro risulta particolarmente utile in questo stadio.
L’atmosfera empatica, l’accurata comprensione, la considerazione positiva sono elementi essenziali per favorire la risoluzione di una frattura interiore in senso evolutivo, con un cambiamento degli atteggiamenti e del comportamento.
Sostenere l’autoefficacia. Per autoefficacia, si intende la fiducia di un individuo nella propria capacità di attuare un comportamento prestabilito. Uno dei compiti più importanti del colloquio motivazionale consiste proprio nel sostenere la fiducia nella possibilità di cambiare. Spetta infatti al paziente la scelta di decidere se e come cambiare. Il sostegno all’autoefficacia del cliente gioca un ruolo fondamentale nelle fasi avanzate del processo di cambiamento quando è necessario aiutare a determinare le scelte (Determinazione) e a sostenere i cambiamenti effettuati (Azione).
Una attenzione per questi ultimi aspetti è considerata utile per favorire un aumento della disponibilità al cambiamento in quanto stimola l’evocazione di affermazioni riguardanti il riconoscimento del problema, le preoccupazioni ad esso legate, l’intenzione di cambiare ela fiducia nelle proprie possibilità di cambiamento; secondo l’approccio motivazionale, questi aspetti vengono considerati “automotivanti” perché capaci di attualizzare le risorse interne del paziente ed aumentare la probabilità che egli si impegni in una reale modifica dei comportamenti problematici. L’apprendimento dei fondamenti del colloquio motivazionale da parte dei ragazzi che partecipano al progetto EVER GREEN, può rappresentare una adeguata formazione di base, in grado di guidare operatori senza specifiche formazioni nella relazione con giovani portatori di disagi.
SALVATORE MONACO